Nel nostro Paese la pressione fiscale è sistematicamente oltre la media europea. In Italia pressione fiscale è pari al 43,8% del pil, in Germania al 39,6%, in Gran Bretagna al 34,8% e negli Stati Uniti al 26,4%. Claudio Pucci: “Le tasse extralarge sono il principale ostacolo alla crescita economica. Avanti con la cancellazione dell’Irap sul costo lavoro”. Nei prossimi giorni un documento al governo con le proposte per le pmi: via l’Irap e via gli studi di settore, flat tax. Meno tasse sulle persone fisiche con due sole aliquote al 25% e al 37% (e no tax area fino a 10mila euro).

Negli ultimi 10 anni, i contribuenti del nostro Paese hanno visto crescere enormemente il peso delle tasse senza però riscontrare un andamento virtuoso delle finanze pubbliche: nel 2005, la pressione fiscale era al 39,1% del prodotto interno lordo ed è progressivamente salita fino ad attestarsi al 43,5%, nel 2015; e contemporaneamente sono aumentati gli incassi per lo Stato, passati dal 42,5% del pil al 47,6%; un incremento di balzelli ed entrate a cui ,tuttavia, non ha fatto seguito alcun contenimento del debito, schizzato al 132,7% del pil nel 2015 rispetto al 101,9% del 2005.

Inoltre, secondo uno studio “Unimpresa”: “Pressione fiscale e conti pubblici nel confronto internazionale”, in Italia il giro di vite fiscale e le casse statali gonfie non hanno contenuto l’allargamento del buco nel bilancio dello Stato. Nel 2015 è stato toccato il record sul versante del rapporto tra debito e pil: 132,7%. Nella media dell’area euro (esclusa l’Italia) il rapporto tra debito e pil si è attestato all’83,3% (nel 2015), quando la pressione fiscale era al 41% e le entrate pubbliche al 46,3%. Limitando l’analisi ai paesi dell’area euro e più vicini, il confronto vede l’Italia in cima alla classifica per il maggior peso tributario: in Germania, nel 2015, le tasse erano al 39,6% del pil, le entrate al 44,6% e il debito al 71,2%; solo la Francia è più vicina ai nostri valori: il prelievo fiscale dei contribuenti transalpini si attesta al 47,8% (più alto dell’Italia) e le entrate al 53,2%, ma l’aggravio tiene il debito al 95,8% del pil.

PUCCI: “TASSE EXTRALARGE PRINCIPALE OSTACOLO ALLA CRESCITA ECONOMICA”

“Un primo passo è stato attuato con la legge di stabilità per il 2016 con le modifiche introdotte dal precedente governo – spiega Pucci – che ha abolito l’Irap sul costo del lavoro. Tuttavia, continua a permanere l’incidenza di una imposta che non ha nessuna ragione di esistere, se non quella di fare cassa. Bisogna andare avanti, l’Irap va abolita“. Continuando poi: “fra i problemi e limiti delle imprese italiane c’è quello dell’internazionalizzazione, che non vuol dire semplicemente delocalizzare la produzione. Il nostro sistema fiscale ha introdotto una serie di normative antielusione che rappresentano un serio ostacolo per l’imprenditore creando anche qui una distorsione rispetto alle grandi imprese che sono strutturate per far fronte alle presunzioni di tali strumenti di accertamento, magari sfruttando le norme relative alla exit tax, alla esterovestizione e al transfer price”.

IVA, IRPEF E IRES: IN ITALIA E’ RECORD

Secondo il rapporto di Unimpresa, in Italia si registra il livello più alto per tutte le categorie dei prelievi fiscali principali: nel nostro Paese è record sia per le imposte sui consumi (Iva) con una aliquota massima del 22% da confrontare col 21,4% della media dell’Unione europea e col 20,8% della media dell’area euro; sia per le imposte personali sul reddito (Irpef), con un’aliquota al 48,9% da paragonare al 39,3% della media Ue e col 42,1% della media dell’area euro; sia per le imposte sul reddito delle società (Ires), con un’aliquota al 31,4% più alta del 22,8% della media dell’Unione europea e del 24,6% della media dell’area euro.

UN SUNTO DELLE PROPOSTE:

  • abolizione dell’Irap;
  • cancellazione degli studi di settore;
  • introduzione di una flat tax per le micro, piccole e medie imprese;
  • diminuzione del carico tributario sui redditi personali con la previsione di due sole aliquote (25% e 37% oltre a una no tax area fino a 10mila euro);
  • tassazione delle rendite finanziarie con prelievo al 20% sui capital gain e al 12,5% sui titoli di Stato;
  • eliminazione delle norme relative alle attività estere della piccola impresa.

 

(estratto da comunicato stampa unimpresa del 27.2.2017)